Dibattito sull'inconscio collettivo
Vi propongo di seguito uno scambio di opinioni tra me ed un collega che mi offre uno spunto per parlare di inconscio collettivo.
Paolo XXXX (per ragioni di riservatezza non cito l'autore della presente questione)
Provoco: la psicologia dipende da un paradigma epistemico individualista, tant'è che la psiche - entità la cui realtà, quando la si domanda agli psicologi, resta spesso oscura - è la psiche di uno. Tutta la psicologia, peraltro, ha sempre "scoperto" da Lewin a Freud, da Watzlawick a Lacan, la sua essenza "relazionale". Per cui, concludendo, credo che sia tenpo di pensare la relazione a partire da qualcosa di diverso dall'anima di ognuno. Cos'è un psiche non individuale? Jung ci pensava, ma era a mio parere un poco facilone. Personalmente rimanderei a Lewy alla sua intelligenza collettiva, come ponte verso Averroè. Ovvero: quel che sta in mente non è che forse è un po' di tutti?
Alessandro Raggi • veramente la psiche è oscura perchè profonda ed il suo studio non termina e non si esaurisce praticamente mai, essendo un costrutto concettuale formato da componenti che si autoalimentano come l'emotività, l'intelligenza e la coscienza, ma francamente un qualsiasi laureando in psicologia ai primissimi esami è (se ha studiato) in grado di darne una definizione e di indicarne le metodologie di studio. Inoltre Jung, che non ha bisogno della mia difesa, è stato uno dei più grandi pensatori degli ultimi secoli e le sue teorie, come quella dell'inconscio collettivo, spiegata lungamente in modo tutt'altro che "facilone", sono alla base di intuizioni anche filosofiche come quelle di Levy, che parla di un'intelligenza distribuita attraverso le nuove forme mass mediatiche (es: internet). L'inconscio collettivo junghiano è un modo di rappresentare la psiche come un qualcosa di non (solo) individuale, ma come una struttura comune i cui contenuti possono però variare da individuo a individuo e da epoca a epoca. Le forme della struttura comune sono chiamate da Jung "Archetipi" dell'inconscio collettivo e si ripropongono individualmente in simboli, forme e modalità ricorrenti eppure differenti. Dal punto di vista ereditario, esiste per Jung una risposta psichica necessitata a determinate situazioni, che si ripetono per ogni singolo essere umano, e si riattualizzano nella vita dell'individuo.
Come troviamo una parte filogeneticamente stabile nella struttura biologica dell'uomo, che fa sì che vengano a formarsi i reni, o il tessuto muscolare, secondo caratteristiche comuni nella specie, così sul piano psichico sono rintracciabili dei motivi tipici, che caratterizzano le esperienze fondamentali della vita umana, dal concepimento fino alla morte.
Le esperienza della nascita, del rapporto con i genitori, lo sviluppo, l'incontro con l'altro sesso, la morte, rappresentano una costante per ogni essere umano, da sempre. Il ripetersi di queste coincidenze, ha generato una base comune, psichica, della quale siamo tutti portatori. Le rappresentazioni di questi trascorsi, dei modelli primordiali del comportamento umano, sono divenuti elementi immaginali, costituenti la base psichica comune dell'uomo.
Ho per ragioni di spazio eccessivamente ridotto il pensiero di Jung, ma spero che queste poche righe possano essere state utili ad evidenziare che a volte la faciloneria è solo nel nostro modo, spesso frettoloso, wikipedizzato, di leggere ed interpretare.