Il "simbolo" nella psicoanalisi freudiana e junghiana
Una breve distinzione può rendersi innanzitutto utile tra: archetipo e manifestazione archetipica. Mentre il primo non può essere definito né osservato, poiché appartiene alla struttura stessa dell'inconscio collettivo, la sua manifestazione può invece essere colta e si presenta come simbolo.
Il simbolo, è per Jung una manifestazione dell'archetipo inconoscibile. Questo, a differenza dell'archetipo, può essere conosciuto, ma anch'esso non può essere definito in maniera univoca e stabile. L'etimologia della parola simbolo, ci riconduce alla sua densità originale. Il termine greco symballein, si riferiva al mettere (ballein) assieme (syn). Questa parola era riferita ad una conchiglia o un coccio, che spezzata veniva divisa tra due persone che potevano ritrovarsi solo facendo combaciare le parti che originariamente erano state divise. Il ricomporre l'unità, è la caratteristica propria del simbolico e del simbolo. Nel simbolo, riconosciamo quel trait d'union che riconcilia l'inconscio collettivo, di natura archetipica, con le possibilità personali. In questo senso, la manifestazione dell'archetipo è di natura simbolica ed ha carattere personale.
Vediamo, prima di spingerci oltre, che tipo di suggerimenti utili alla comprensione del simbolo possiamo trarre dalla linguistica:
L'allegoria, viene spesso erroneamente assimilata al simbolo, così come la metafora o l'emblema.
La distinzione principale è che queste figure retoriche, non hanno nel loro significato un valore diverso dal significante, ma se ne propongono come sostituti. Così, il leone, può rappresentare allegoricamente il coraggio o la forza, la bandiera essere l'emblema di una nazione o di uno stato, e così via.
Questi sono strumenti propri della comunicazione fine, ma non escono dalla loro appartenenza all'universo semantico del "segno", che è il sostituto di un significante con un altro dal medesimo significato.
La natura del simbolo, è invece per sua origine riconducibile ad una polisemia di significati.
Il simbolo svela solo un aspetto del significato originario, ad esso è sempre rapportabile il suo aspetto bilaterale.
Freud, fu il primo ad elaborare una lettura psicologica del simbolo. Nella sua teoria, lo intese come il modo indiretto dell'inconscio, di rappresentare i desideri inaccettabili rimossi dall'Io. Anche nell'accezione freudiana, notiamo il duplice volto del simbolo. Esso è contemporaneamente via d'accesso privilegiata (tramite il suo manifestarsi nel contenuto dei sogni e delle fantasie) all'inconscio, sia via di fuga dei contenuti rimossi dall'Io. Mentre i desideri inconsci trovano un velo nel loro rappresentarsi come simboli, altrettanto però li possiamo svelare solo grazie al loro affiorare come simboli nei sogni e nei sintomi.
Questa caratteristica bipolare, rende il simbolo capace di connettere dialogicamente l'inconscio ed il cosciente.
Freud, pur avendo introdotto il simbolo nella dimensione clinica psicologica, non compì quel salto che consentì con Jung la ricollocazione del simbolo come non connesso ad un significato specifico. Il simbolo di Freud, è un segno che indica l'appartenenza di un'immagine alla sfera del rimosso, è dunque un sostituto di una realtà. Jung, al contrario, non intende il simbolo come sostituto di alcuna realtà, è esso stesso realtà psichica in quanto contenitore del possibile e dunque anche del potenziale trasformativo.
L'archetipo dell'inconscio collettivo, si traduce in simbolo nella psiche individuale, questo simbolo, si rappresenta in quella determinata forma per mezzo delle esperienze individuali e soggettive di colui che lo produce. Per questo, nella tecnica d'interpretazione Junghiana, non è assolutamente possibile riferirsi ad un simbolo nei sogni senza tenere conto di chi è il sognatore, anche se i motivi tipici di quel dato simbolo possono appartenere ad un tema di origine collettiva.
E' proprio sul terreno del simbolo che il dissidio metodologico e teorico tra Freud e Jung assume caratteri serrati. Infatti, se per Freud era possibile risalire ad un significato rimosso tramite l'affiorare del simbolo, con l'ausilio del metodo riduttivo proprio della psicanalisi, per Jung il simbolo è portatore di quella poliedrica multiformità d'immagini che lo rende capace di riconnettere l'individuo alla complessità delle rappresentazioni collettive. Freud, cerca di ritrovare gli elementi soggiacenti partendo dalla complessa rappresentazione simbolica; Jung, parte invece dall'elemento semplice che si manifesta simbolicamente, per seguirne la scia. Il simbolo, riconduce alla complessità dell'archetipo da cui deriva, e permette il ricollocamento del singolo nell'ambito della collettività alla quale egli stesso appartiene.
Lo strazio della patologia, è proprio nella lacerazione, apparentemente insanabile, che si sperimenta nei confronti dell'altro. La solitudine inesprimibile del sentirsi diversi ed alienati. Si è sprofondati nell'impossibilità comunicativa e destinati all'esilio, all'emarginazione dal contesto dei "sani".
La definizione del simbolo, il suo essere ricondotto ad un significato, porta con se la morte del simbolo stesso, simbolo che è esso stesso vivo e generatore di significati sempre nuovi.
L'aliquid stat pro aliquo del simbolo freudiano, cede il passo alla natura del simbolo come tertium non datur. Nella riformulazione junghiana del simbolo dell'incesto, troviamo l'esemplificazione di questa differente visione della natura e delle possibilità umane. Freud riteneva che l'immagine dell'incesto, legata al complesso edipico, fosse in rapporto con i desideri incestuosi arcaici del bambino. L'osservazione dei processi transferali tra analista e paziente, portò Jung a notare quanto questi desideri inconsci fossero effettivamente attivi e presenti anche in seguito. Se Freud vede in ciò la sostituzione, nevrotica, di un desiderio rimosso, Jung vi osserva il riproporsi di un motivo archetipico collettivo. Lo stesso motivo è più volte presente nei miti e nelle culture nella forma di: ritorno ad un passato simbiotico ed appagante. Il motivo della sizigia maschile/femminile, la riunificazione degli opposti e la fusione in un'unità primordiale, sono costanti che segnano lo sviluppo di ogni essere umano. In questo senso, la tecnica utilizzata nell'interpretazione dei simboli e del contenuto dei sogni, oltre che riduttiva è detta amplificativa.
Se il limite dell'uomo è legato alle possibilità molteplici degli archetipi che preformano, non si coglie un limite nella possibilità di espressione degli archetipi stessi.
Il sintomo è una corazza che è destinata a morire quando ne viene svelato il valore simbolico. Questo accade proprio perché il simbolo viene nuovamente rimmesso nel processo trasformativo. La maggiore difficoltà per la terapia, consiste appunto nel permettere al soggetto di riappropriarsi della vitalità del simbolo, che è imprigionato nella forma sintomatica che lo trattiene. Sbloccando il sintomo, che è una letteralizzazione del simbolo, il tertium, potrà continuare ad operare come tramite tra gli opposti inconscio/conscio, permettendo uno scambio dialogico fluido e dinamico tra loro.
La posizione prospettica assunta dal simbolo junghiano, consente all'uomo di trovarsi ad essere portatore di un destino che si è compiuto, ma che attende il proseguimento in una storia che appartiene al futuro e non imprigiona senza scampo l'individuo nell'inesorabile giogo del passato. Il nucleo vitale che collega l'attimo che fu al futuro, è il possibile celato nel simbolo.