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  20/02/2012 - admin

ABA è a NAPOLI- Associazione per lo studio e la ricerca sull'anoressia, la bulimia e i disordini alimentari

 

Ora ABA (l'Associazione per lo studio e la ricerca sull'anoressia, la bulimia e i disordini alimentari) è anche a Napoli!
Attualmente l'ABA è presente in diverse città italiane.


In ABA ci sono circa 100 persone che lavorano nei Centri Associati distribuiti sul territorio nazionale. Sono psicoanalisti, psicoterapeuti, gruppo analisti, psichiatri e medici internisti che hanno un approccio psicodinamico-psicoanalitico.

 

Per ogni informazione n. verde 800165616


     
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  12/02/2012 - admin

Gregory Bateson e Jung

 

"Forse non tutti sanno che"...Gregory Bateson (1904-1980) firmò alcuni suoi scritti con il nome di " Basilide" uno gnostico del II secolo e si rifece dichiaratamente al pensiero di Jung ( Angels fear, uscito postumo nel 1987, vedi introduzione e seguenti) in molte delle sue riflessioni. In particolare Bateson fu attratto e ispirato dalla teoria degli archetipi, inoltre, dopo la lettura dei "Septem Sermones ad Mortuos" (1916) di Jung, scrisse: "Il libro di Jung sottolineava la differenza tra il Pleroma, il mondo puramente fisico governato solo da forze e urti, e la Creatura, il mondo governato da distinzioni e differenze. Mi divenne chiarissimo che c'è una corrispondenza tra i due insiemi di concetti e che non ci possono essere mappe nel Pleroma, ma solo nella Creatura. Ciò che porta dal territorio alla mappa è la notizia di una differenza, e a quel punto mi resi conto che la notizia di una differenza era sinonimo di informazione."  - e aggiunge in seguito - "nel solco della differenza tracciata da Jung (...) otterremo in questo modo un diverso punto di partenza per l'epistemologia, molto più costruttivo della differenza tra spirito e materia. In luogo del vecchio dualismo cartesiano voglio parlare della natura del processo mentale, del pensiero nel senso più ampio del termine e della relazione tra pensiero e mondo materiale...".


     
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  05/02/2012 - admin

Anoressia e omertà alla Scala di Milano

Mariafrancesca Garritano, etoile della Scala di Milano è stata licenziata per aver parlato contro l'anoressia. Il nostro più grande e incondizionato sostegno a Mariafrancesca per il suo coraggio.


     
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  26/01/2012 - admin

Il "simbolo" nella psicoanalisi freudiana e junghiana

 

Una breve distinzione può rendersi innanzitutto utile tra: archetipo e manifestazione archetipica. Mentre il primo non può essere definito né osservato, poiché appartiene alla struttura stessa dell'inconscio collettivo, la sua manifestazione può invece essere colta e si presenta come simbolo.

Il simbolo, è per Jung una manifestazione dell'archetipo inconoscibile. Questo, a differenza dell'archetipo, può essere conosciuto, ma anch'esso non può essere definito in maniera univoca e stabile. L'etimologia della parola simbolo, ci riconduce alla sua densità originale. Il termine greco symballein, si riferiva al mettere (ballein) assieme (syn). Questa parola era riferita ad una conchiglia o un coccio, che spezzata veniva divisa tra due persone che potevano ritrovarsi solo facendo combaciare le parti che originariamente erano state divise. Il ricomporre l'unità, è la caratteristica propria del simbolico e del simbolo. Nel simbolo, riconosciamo quel trait d'union che riconcilia l'inconscio collettivo, di natura archetipica, con le possibilità personali. In questo senso, la manifestazione dell'archetipo è di natura simbolica ed ha carattere personale.

Vediamo, prima di spingerci oltre, che tipo di suggerimenti utili alla comprensione del simbolo possiamo trarre dalla linguistica:

L'allegoria, viene spesso erroneamente assimilata al simbolo, così come la metafora o l'emblema.

La distinzione principale è che queste figure retoriche, non hanno nel loro significato un valore diverso dal significante, ma se ne propongono come sostituti. Così, il leone, può rappresentare allegoricamente il coraggio o la forza, la bandiera essere l'emblema di una nazione o di uno stato, e così via.

Questi sono strumenti propri della comunicazione fine, ma non escono dalla loro appartenenza all'universo semantico del "segno", che è il sostituto di un significante con un altro dal medesimo significato.

La natura del simbolo, è invece per sua origine riconducibile ad una polisemia di significati.

Il simbolo svela solo un aspetto del significato originario, ad esso è sempre rapportabile il suo aspetto bilaterale.

Freud, fu il primo ad elaborare una lettura psicologica del simbolo. Nella sua teoria, lo intese come il modo indiretto dell'inconscio, di rappresentare i desideri inaccettabili rimossi dall'Io. Anche nell'accezione freudiana, notiamo il duplice volto del simbolo. Esso è contemporaneamente via d'accesso privilegiata (tramite il suo manifestarsi nel contenuto dei sogni e delle fantasie) all'inconscio, sia via di fuga dei contenuti rimossi dall'Io. Mentre i desideri inconsci trovano un velo nel loro rappresentarsi come simboli, altrettanto però li possiamo svelare solo grazie al loro affiorare come simboli nei sogni e nei sintomi.

Questa caratteristica bipolare, rende il simbolo capace di connettere dialogicamente l'inconscio ed il cosciente.

Freud, pur avendo introdotto il simbolo nella dimensione clinica psicologica, non compì quel salto che consentì con Jung la ricollocazione del simbolo come non connesso ad un significato specifico. Il simbolo di Freud, è un segno che indica l'appartenenza di un'immagine alla sfera del rimosso, è dunque un sostituto di una realtà. Jung, al contrario, non intende il simbolo come sostituto di alcuna realtà, è esso stesso realtà psichica in quanto contenitore del possibile e dunque anche del potenziale trasformativo.

L'archetipo dell'inconscio collettivo, si traduce in simbolo nella psiche individuale, questo simbolo, si rappresenta in quella determinata forma per mezzo delle esperienze individuali e soggettive di colui che lo produce. Per questo, nella tecnica d'interpretazione Junghiana, non è assolutamente possibile riferirsi ad un simbolo nei sogni senza tenere conto di chi è il sognatore, anche se i motivi tipici di quel dato simbolo possono appartenere ad un tema di origine collettiva.

E' proprio sul terreno del simbolo che il dissidio metodologico e teorico tra Freud e Jung assume caratteri serrati. Infatti, se per Freud era possibile risalire ad un significato rimosso tramite l'affiorare del simbolo, con l'ausilio del metodo riduttivo proprio della psicanalisi, per Jung il simbolo è portatore di quella poliedrica multiformità d'immagini che lo rende capace di riconnettere l'individuo alla complessità delle rappresentazioni collettive. Freud, cerca di ritrovare gli elementi soggiacenti partendo dalla complessa rappresentazione simbolica; Jung, parte invece dall'elemento semplice che si manifesta simbolicamente, per seguirne la scia. Il simbolo, riconduce alla complessità dell'archetipo da cui deriva, e permette il ricollocamento del singolo nell'ambito della collettività alla quale egli stesso appartiene.

Lo strazio della patologia, è proprio nella lacerazione, apparentemente insanabile, che si sperimenta nei confronti dell'altro. La solitudine inesprimibile del sentirsi diversi ed alienati. Si è sprofondati nell'impossibilità comunicativa e destinati all'esilio, all'emarginazione dal contesto dei "sani".

La definizione del simbolo, il suo essere ricondotto ad un significato, porta con se la morte del simbolo stesso, simbolo che è esso stesso vivo e generatore di significati sempre nuovi.

L'aliquid stat pro aliquo del simbolo freudiano, cede il passo alla natura del simbolo come tertium non datur. Nella riformulazione junghiana del simbolo dell'incesto, troviamo l'esemplificazione di questa differente visione della natura e delle possibilità umane. Freud riteneva che l'immagine dell'incesto, legata al complesso edipico, fosse in rapporto con i desideri incestuosi arcaici del bambino. L'osservazione dei processi transferali tra analista e paziente, portò Jung a notare quanto questi desideri inconsci fossero effettivamente attivi e presenti anche in seguito. Se Freud vede in ciò la sostituzione, nevrotica, di un desiderio rimosso, Jung vi osserva il riproporsi di un motivo archetipico collettivo. Lo stesso motivo è più volte presente nei miti e nelle culture nella forma di: ritorno ad un passato simbiotico ed appagante. Il motivo della sizigia maschile/femminile, la riunificazione degli opposti e la fusione in un'unità primordiale, sono costanti che segnano lo sviluppo di ogni essere umano. In questo senso, la tecnica utilizzata nell'interpretazione dei simboli e del contenuto dei sogni, oltre che riduttiva è detta amplificativa.

Se il limite dell'uomo è legato alle possibilità molteplici degli archetipi che preformano, non si coglie un limite nella possibilità di espressione degli archetipi stessi.

Il sintomo è una corazza che è destinata a morire quando ne viene svelato il valore simbolico. Questo accade proprio perché il simbolo viene nuovamente rimmesso nel processo trasformativo. La maggiore difficoltà per la terapia, consiste appunto nel permettere al soggetto di riappropriarsi della vitalità del simbolo, che è imprigionato nella forma sintomatica che lo trattiene. Sbloccando il sintomo, che è una letteralizzazione del simbolo, il tertium, potrà continuare ad operare come tramite tra gli opposti inconscio/conscio, permettendo uno scambio dialogico fluido e dinamico tra loro.

La posizione prospettica assunta dal simbolo junghiano, consente all'uomo di trovarsi ad essere portatore di un destino che si è compiuto, ma che attende il proseguimento in una storia che appartiene al futuro e non imprigiona senza scampo l'individuo nell'inesorabile giogo del passato. Il nucleo vitale che collega l'attimo che fu al futuro, è il possibile celato nel simbolo.


     
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  08/01/2012 - admin

TU

Jorge Luis Borges  (1899 – 1986)

"Un solo uomo è nato, un solo uomo è morto sulla terra

Affermare il contrario è pura statistica, è un'addizione impossibile.

Non meno impossibile che sommare l'odore della pioggia e il sogno che hai sognato ieri notte.

Quell'uomo è Ulisse, Abele, Caino, il primo uomo che ordinò le costellazioni, l'uomo che innalzò la prima piramide, l'uomo che scrisse gli esagrammi del Libro dei Mutamenti, il forgiatore che incise rune sulla spada di Hengist, l'arciere Einar Tamberskelver, Luis de Leon, il libraio che generò Samuel Johnson, il giardiniere di Voltaire, Darwin sulla prua del Beagle, un ebreo nella camera letale, un giorno tu e io.

Un solo uomo è morto a Ilio, nel Metauro, a Hastings, ad Austerlitz, a Trafalgar, a Gettysburg.

Un solo uomo è morto negli ospedali, sulle navi, nell'ardua solitudine, nella camera dell'abitudine e dell'amore.

Un solo uomo ha guardato la vasta aurora.

Un solo uomo ha sentito sul palato la freschezza dell'acqua, il sapore della frutta e della carne.

Parlo dell'unico, dell'uno, di colui che sempre è solo».

 

Da Wikipedia: Jorge Francisco Isidoro Luis Borges Acevedo, noto come Jorge Luis Borges (Buenos Aires24 agosto 1899 – Ginevra14 giugno 1986), è stato uno scrittoresaggistapoetafilosofo e traduttore argentino.

È ritenuto uno dei più importanti e influenti scrittori del XX secolo, ispirato tra gli altri da Macedonio FernándezRafael Cansinos Assens, dalla letteratura inglese (ChestertonKiplingStevensonWellsDe QuinceyShaw), dalla germanica (SchopenhauerHeineKafka) e dal Taoismo. Narratore, poeta e saggista, è famoso sia per i suoi racconti fantastici, in cui ha saputo coniugare idee filosofiche e metafisiche con i classici temi del fantastico (quali: il doppio, le realtà parallele del sogno, i libri misteriosi e magici, gli slittamenti temporali), sia per la sua più ampia produzione poetica.


     
Lucy Van Pelt 64
  07/01/2012 - admin

finalmente un sito interessante.... complimenti seguirò questo posto volentieri!!!


     
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  02/01/2012 - admin

Togliere la legna da sotto la pentola

 "Non opporsi direttamente alla forza, ma ritirarle il punto d'appoggio."  

Dal Libro dei 36 Stratagemmi.

 

"Restando sul suo dorso la tigre non può mordere."  - Dal Libro dei Mutamenti (I Ching – Yijing).

 

Anche se una forza è inattaccabile si può sempre esaurire la sua fonte. Nell'arte militare gli attacchi portati contro le basi delle retrovie , le cisterne, gli oleodotti, fanno parte del metodo "togliere la legna da sotto la pentola dell'avversario."

 

" Chi è in condizione di vedere la propria Ombra e di sopportarne la conoscenza ha già assolto una piccola parte del compito..." (Jung)

 

YODA: Corri! Sì, sì. Il vigore di un Jedi scaturisce dalla Forza. Ma attento al lato oscuro. Rabbia, paura, violenza: sono loro il lato oscuro. Veloci ti raggiungono quando combatti. Se anche una sola volta la strada buia tu prendi, per sempre dominerà essa il tuo destino. Consumerà te, come consumò l'apprendista di Obi-Wan.
LUKE: Fener. Il lato oscuro è più forte?
YODA: No. No. No. Più rapido, più facile, più seducente.
LUKE: Ma come distinguo quello cattivo dal buono?
YODA: Lo imparerai. Quando sei calmo, in pace, passivo. Un Jedi usa la Forza per saggezza e difesa, mai per attaccare.
YODA: La grandezza non conta. Guarda me, giudichi forse me dalla grandezza? Non dovresti farlo infatti, perché mio alleato è la Forza, ed un potente alleato essa è. La vita essa crea ed accresce. La sua energia ci circonda e ci lega. Illuminati noi siamo, non questa materia grezza! Tu devi sentire la Forza intorno a te. Qui, tra te, me, l'albero, la pietra, dovunque.

 

Secondo il principio fondamentale dell'Aikido, dobbiamo arrenderci alla forza che ci raggiunge in modo che non possa danneggiarci; nel contempo cerchiamo di cambiare la sua direzione spingendola da dietro invece di opporre una resistenza frontale."

Il praticante dell'Aikido non si oppone mai alla forza dell'avversario. Al contrario, devia quella stessa forza allontanandola da sé.

Applichiamo lo stesso principio ai problemi che si manifestano nella vita quotidiana, un buon praticante di Aikido è sfuggente come la verità dello Zen: si rende simile a un koan, un rompicapo, che diventa ancora più enigmatico a ogni tentativo di risolverlo.

Un buon praticante di Aikido è come acqua: scivola via tra le dita di chi cerca di afferrarlo.

 

William Blake:

« Tyger! Tyger! burning bright
in the forests of the night,
What immortal hand or eye
Could frame thy fearful symmetry? »

 

« Tigre! Tigre! Brucia di splendore
nelle foreste della notte,
quale mano o occhio immortale
formò la tua agghiacciante simmetria?  »


     
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  02/12/2011 - admin

Arthur Rimbaud e Jim Morrison

L'Ombra creativa dei ribelli

L'accostamento tra Arthur Rimbaud e James Douglas Morrison[1] è stato proposto da W. Fowlie, docente di letteratura francese alla Duke University (U.S.A.) in un affascinante e coraggioso parallelo tra i due personaggi. Più che entrare nel merito del lavoro di Fowlie, che secondo una certa condivisibile critica non rende giustizia alla memoria di Morrison, lasciandolo apparire come poco più di un epigono di Rimbaud, vorrei soffermarmi sul titolo: " Rimbaud and Jim Morrison, The rebel as poet". Chissà per quale motivo, i traduttori italiani hanno preferito invertire le parole "ribelle" e "poeta", traducendo: "Il poeta come ribelle". Apparentemente, potrebbe sembrare nota di poco conto, ma "Il poeta come ribelle", può tutt'al più dirsi di un Dante o di un Majakovskij.

Rimbaud e Morrison invece, sono uniti forse unicamente dalla loro natura di ribelli che si fanno poeti. Il titolo originale di Fowlie è dunque l'unico pertinente.

Infatti, Rimbaud, oltre ad essere ancora l'insuperato riferimento di tutte le avanguardie, ed a generare dichiaratamente ispirazione in autori quali James Joyce e Pier Paolo Pasolini, è certamente il più letto ed amato tra tutti i poeti nell'universo di ribelli per eccellenza: il Rock.

Questo fatto dev'essere preso in seria considerazione se si vogliono analizzare senza pregiudizio la psicologia e la spiritualità contemporanee.

Bob Dylan, consiglia la lettura di Rimbaud nei testi delle sue canzoni. I Beatles si sono ispirati alle poesie di Illuminations per alcune scene del loro film Help. La rockstar Patti Smith, dedica un intero libro di poesie a Rimbaud, alcune delle quali anche belle. Impossibile inoltre, tralasciare l'indubbia influenza di Rimbaud sull'intero movimento della Beat Generation: per Jack Kerouac, autore del romanzo simbolo "On the Road", è l'atto stesso dello scrivere che guida le emozioni. Scrivere significa aderire al processo creativo fino alla perdita della coscienza.

Il talento, nella critica corrosiva delle poesie di Allen Ginsberg, che nel suo lavoro "l'Urlo" ha esaltato fino ad un paradossale misticismo gli emarginati delle periferie, contrapponendoli criticamente al patinato "sogno americano", è collegabile alla sua conoscenza di autori quali: Walt Whitman, William Blake e Rimbaud.

La stessa energia nell'esaltazione del mito della vita vagabonda e la radicale contestazione della società borghese, si ritrova in Laurence Ferlinghetti. Fin dalla nascita della Beat Generation, Ferlinghetti è stato considerato uno dei suoi punti di riferimento, grazie ai suoi scritti ed alla sua libreria: la City Lights Book Shop di San Francisco. L'impeto allucinatorio della poesia di Ferlinghetti, contiene la diretta evocazione di Rimbaud, assieme ad altri poeti, quali numi tutelari della poesia mistica e visionaria.

Questi autori e musicisti, hanno sconvolto l'America degli anni '60, mostrando con cruda simbolicità espressiva l'Ombra paurosa della società americana. Mentre una buona parte di Americani mangiava comodamente popcorn discutendo sull'attualità dell'ultima pettinatura di Jaqueline Kennedy, milioni di persone si massacravano in Vietnam. L'intera generazione Beat portò nelle ordinate famiglie americane la stessa esplosività che gli americani allontanavano con noncuranza. I Beat rivoltarono la società ed i valori che la supportavano come un guanto. Mischiarono la filosofia con il sesso, erano saggi e matti, musicali e maledetti. Il loro mito era la letteratura classica, ma anche la libertà assoluta di pensiero e di movimento. La loro semplicità e l'importanza delle ragioni propugnate, lontana dal mondo di celluloide Hollywoodiano e dalla politica dei sondaggi, colpì dritta il cuore di un intero universo giovanile che vi s'identificò completamente.

Senza una ribellione non c'è incontro con l'Ombra. L'Ombra agisce silenziosa e gioca scherzi mortali a nostra insaputa. La presa di coscienza dell'Ombra passa soltanto attraverso una radicale rivisitazione di tutto ciò che è noto, di tutto ciò che è scontato. Senza la capacità di ribellarsi, di rimettere tutto in discussione, non si può pensare a costruire. I castelli di carta crollano presto, così come rovinosamente cedono le alte torri dove preserviamo le nostre certezze e le credenze stantie. La verità è un cammino, non è mai statica. Aldo Carotenuto la definì "verità itinerante". La sua ricerca esige la perdita di qualcos'altro. Anche la ribellione quindi, ha il suo prezzo. Mao Tse-Tung, era convinto che nessuna rivoluzione si potesse vincere se non fosse mossa da una giusta causa e se non si disponesse dei mezzi per effettuarla. Morrison e Rimbaud erano dei ribelli, ma anche delle personalità eccezionali. Dai ricordi della Madre e della sorella, si è saputo che Rimbaud passava notti insonni a leggere come un forsennato. Spesso digiunava e restava al lume di candela, chino sui libri, quasi in preda ad una sorta di delirio.

Jim Morrison voleva essere un poeta. Voleva che si parlasse delle sue poesie, che si discutesse di ciò che pensava del mondo e della società. Effettivamente, solo oggi la critica si sta accorgendo che Morrison è stato anche un poeta degno di rilievo. Alla fine della sua fulminea vita si ritirò a Parigi, dove sperava di potersi dedicare alla poesia e probabilmente ricominciare ad occuparsi della sua prima passione: il cinema, la regia. Non voleva più sentirsi una rockstar, e forse lo era stato solo per caso. Il suo grande merito come musicista, fu proprio quello di aver riavvicinato il palcoscenico del rock al teatro classico, ai ditirambi dell'ebbrezza dionisiaca. Morrison era un buon letterato ed un conoscitore della letteratura classica. Questa era la sua passione principale. Nella poesia An American Prayer scrisse: "Reinventiamoci gli dei, tutti i miti dei tempi (...) dove sono le feste che ci avevano promesso, dov'è il Vino Nuovo? (...) Lo sapevi che la libertà esiste solo nei libri di scuola?". Jim non riuscì a trovare quel Vino Nuovo, sentiva che la libertà di essere un poeta non gli sarebbe stata concessa. L'ingordigia dei mass-media infatti, fu implacabile. La società aveva ormai eletto Morrison re del Rock e del sesso. Le proiezioni di milioni di persone pretendevano Morrison inchiodato in un ruolo che egli, forse, non voleva incarnare più. Fu seppellito non solo dalla personalità indebolita dall'alcool, che era un effetto non una causa, ma soprattutto dal peso che gli era stato inflitto.

Sarebbe stato difficilissimo sbarazzarsi dello stereotipo che gli era stato ritagliato su misura addosso, comunque lui non ne fu capace e questo lo portò alla morte. Non poteva diventare un semplice scrittore, non aveva diritto a desiderare di vivere nel modesto appartamento di rue de Beautreilleis, in compagnia della sua fidanzata Pam. Doveva morire come "Re Lucertola", il seducente cantante in pelle nera dai movimenti psichedelici, lo sciamano elettronico.

La sorte di Rimbaud, indipendentemente da altre caratteristiche personali, in questo senso fu più benevola. Nel 1880 non c'erano fan-club, o giornalisti e televisioni in grado di scovarlo in qualche capanna in Africa. La società del consumo non poteva commercializzarlo come "poeta-prodotto".

La voce di Jim Morrison, come Arthur Rimbaud è la voce delle generazioni di ribelli, ma è anche la voce di tutti coloro che non si fermano davanti a ciò che è dato come scontato. E' la possibilità di cambiamento e di rinnovamento che contraddistingue l'immagine di Rimbaud. La capacità di evocare l'Ombra come uno spettro, che è il dono dei ribelli e tra questi, Rimbaud e Morrison saranno sempre in prima linea.

 

[1] J.D. Morrison (1943-1971) Poeta e Rockstar statunitense. La sua breve stagione come cantante rock ha lasciato un'indelebile impronta infiammando una generazione. Dopo la sua morte, avvenuta a Parigi, ha continuato ad appassionare milioni di persone in tutto il mondo. E' entrato di diritto nell'empireo dei miti della musica moderna e della cultura giovanile del XX secolo.

 

Dott. Alessandro Raggi


     
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  01/12/2011 - admin

"Ciò che osserviamo non è la natura in se stessa ma la natura esposta ai nostri metodi d'indagine."

W. K. Heisenberg (1901-1976)

 

"La scienza avanza attraverso risposte provvisorie a una serie di domande sempre più sottili che scendono sempre più in profondità nell'essenza dei fenomeni naturali."

Louis Pasteur (1822-1895)

 

 

 


     
Alessandro Raggi
Alessandro Raggi
  06/11/2011 - admin

Personalità "normale" e nevrotica

le differenze individuali

 

Lo stile di personalità e persino il disturbo della personalità, non sottraggono l'individuo alla scelta morale, a meno che la pervasività del disturbo non sia tale da inficiare questa stessa possibilità. Dire che un individuo è isterico, narcisista, ipocondriaco, depresso o ossessivo, descrive innanzitutto uno stile di personalità che soprattutto a livello di funzionamento nevrotico - e dunque molto vicino al concetto di normalità intesa come "media" e non come funzionamento mentale "ideale" - non è sufficiente a consentire di categorizzare alcuna persona, in particolare rispetto alle proprie scelte morali.

Come ha ben descritto Alexander Lowen, il narcisista non patologico può funzionare ad un livello sorprendentemente efficace nelle relazioni interpersonali e persino il narcisista patologico, nella maggioranza dei casi, non si sottrae alle sue responsabilità morali.

Molte personalità istrioniche sviluppano livelli di integrazione tali da consentirgli di diventare attori, comunicatori, artisti, abili intrattenitori. Lo stile di personalità non va confuso con la patologia e la patologia, non va mai associata alla responsabilità morale dell'individuo, non è assolutoria per i comportamenti non fondati su base etica.

Qualunque individuo può indifferentemente essere simpatico, gentile generoso, altruista o profondamente "stronzo", caratteristiche che troviamo sia nelle personalità "sane" che in quelle disturbate.

 

immagine: Good and Evil Angels - (1795) - William Blake 


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